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Data pubblicazione: sabato 15 marzo 2003  

MATERIALE PASTORALE - MEDITAZIONI

Meditazione sulla penitenza di Gesù sofferente

Attendite te videte si est dolor sicut dolor meus.
<>. (Lam 1,12)

Benché Gesù Cristo abbia sofferto per espiare i peccati degli uomini ciò non è stato, tuttavia, l’unico motivo che egli ha avuto nella sua Passione. Una delle cose che egli ha avuto di mira è stata di darci esempi eroici di tutte le virtù cristiane, affinché, considerandole così manifestate nella sua persona e raccolte in questo mistero, noi apprendessimo più facilmente a praticarle.
Perciò benché sia molto giusto guardare Gesù Cristo sofferente e morente come nostro Redentore, per concepire la riconoscenza che un così grande amore richiede è anche molto importante considerarlo come nostro modello, per riprodurre in noi stessi questa immagine di un Dio crocifisso, la quale deve essere il carattere e il sigillo della nostra predestinazione.
Ho creduto, per ciò che,avendo da darvi parecchi soggetti di meditazione sulla Passione di Gesù non potevo sceglierne di più utili che le virtù che egli ha praticato soffrendo. Ne prenderemo da ogni venerdì; e oggi il soggetto del nostro incontro sarà la sua penitenza. E’ la prima per la quale è necessario che passi un peccatore per arrivare a Dio; è quella che la chiesa ci comanda più di tutte le altre in quaresima;, e spero che nei nostri incontri avrò l’occasione di dirvi in che modo i veri cristiani devono passare questo tempo santo. Oggi consideriamo, dunque, Gesù come un vero penitente, carico dei peccati di tutti, in lacrime, e che dà soddisfazione per tutti questi peccati.Riveleremo che vi sono due sorte di penitenza,entrambe necessarie per un perfetto ritorno a Dio:penitenza interiore ed esteriore. La prima affligge l’anima e l’umilia; la seconda fa la stessa cosa nei riguardi del corpo: insieme lo umilia e lo affligge.

I
Rappresentatevi Gesù nel giardino: Tristis est anima mea;Pallido, tremante, abbattuto, sudando sangue e acqua, gemente, gridando, prosternandosi. Sapete bene che cos’è E’ un uomo trafitto e accasciato dal dolore. Ma il motivo? Sono i peccati degli uomini non ci fu mai un dolore simile, a causa del numero dei peccati, a causa del fatto che egli ne conosceva l’enormità, l’ingratitudine, l’insolenza, l’ingiustizia, perché egli amava infinitamente il suo Dio e gli uomini.. Per questo, san Tommaso dice che questo dolore ha superatro tutti i dolori, sia degli uomini, sia degli angeli, naturali e soprannaturali. La ragione è evidente.Consolantem me quaesivi et non inveni…. Magna est velut mare contritio tua. Quis melebitur tibi?.
Ipeccati non erano, né potevano essere, personali; eppure, o mio Salvatore, a quale colmo è salita la vostra afflizione? Come mai, allora, ho così poco dolore dei miei? E’’’che vi conosco poco, mio Dio! Vi amo poco.Oh! E’anche perché amo poco me stesso. Non conosco bene né il numero, né l’enormità dei miei peccati. Impieghiamo dunque questa quaresima a considerare i nostri peccati. Avremo come motivo il dolore, oltre a quelli che Gesù ha provato, lo stesso dolore e le sofferenze di Gesù Cristo, che possono ben servire a ispirarci la compunzione.Per me, confesso che essa m’ispira una grande compassione per lo stato del peccatore. Mi capita, nei suoi confronti, ciò che mi capita, nei confronti di un malato frenetico. A vederlo così allegro, trasportato com’è dalla gioia, come non parla d’altro che di piacere, dà più voglia di ridere che di piangere; ma quando considero il medico che esamina il malato,con un volto che lo condanna alla morte;;che vedo una madre desolata,,, che piange e che si dispera;quanto più il malato si abbandona a questa gioia frenetica, tanto più comprendo la grandezza del male e del pericolo,, e non posso trattenere le lacrime. O Dio mio, qual è dunque la colpa che ho commesso, che vi fa impallidire, tremare, sudare? Come mai le sono insensibile? Poiché voi siete tanto buono da piangere i miei mali, fatemi la grazia che anch’io li pianga.

II
La penitenza umilia, Quali motivi d’umiliazione nel peccato! Cosa c’è di più sragionevole, di più ingiusto, di più ingrato! In Gesù Cristo questa umiliazione è apparsa in tutta la sua Passione, attraverso il suo silenzio e la sua pazienza. Sembra che egli confessi di trovarsi degno di tutto, che non è ancora nulla in confronto a ciò che merita.. Chi crederebbe che voi siete innocente?’ L’innocenza è ardita, si lamenta, parla,grida, insulta i suoi accusatori e i suoi giudici; ma è quando essa è impaziente. Quella di Gesù è molto diversa: non scoppia né in rimproveri,né in giurie; né formula la minima lamentela… Come si comporterebbe altrimenti qualora fosse colpito o dichiarato reo dei più gravi crimini?
Ecco i sentimenti di un’anima veramente penitente, veramente penetrata dalla grandezza delle sue colpe. Il ricordo delle sue ingratitudini la rende ai suoi stessi occhi talmente criminale, indegna della vita, talmente degna del disprezzo di tutte le creature, che essa non si meraviglia affatto di alcun cattivo trattamento; essa si meraviglia come la si possa sopportare. Le sembra che ognuno debba prendere le armi contro di lei. Ominis qui invenerit me occidet me dice, per un sentimento di orrore di se stessa. Non soltanto essa sopporta con pazienza i mali che le capitano per i suoi peccati, come la confusione, i rimproveri, i castighi, e malattie che le derivano dagli eccessi compiuti, ma anche le cose che la fanno soffrire ingiustamente: Merito haec patimur, quia peccavimus in fratrem nostrum… se essi meritano questo per aver peccato contro il loro fratello, che cosa merito io, ecc.
Queste grandi occasioni di soffrire capitano raramente. Ma l’anima cristiana sa comportarsi come si deve in quelle piccole, di cui è piena la vita. Che le si parli sgarbatamente, che la si incroci senza salutarla, che qualcuno sia lento, negligente nel servirla; anziché adirarsi, tutto ciò la umilia facendole ricordare il suo peccato. Il suo peccato è sempre dalla patre di quanti la offendono, e la obbliga a confessare che hanno ragione loro: Peccatum meum contra me est sempre. Come posso pretendere che gli uomini onorino me che disonoro Dio, che ho disonorato me stesso? <>: ho osservato questa regola nei confronti di Dio? <>:quando ne avete avuto voi per Dio? <>: sono trent’anni che voi servite Dio in questo modo ed egli vi sopporta. Quando si parla degli altri e si esagera la loro ingiustizia, la loro ingratitudine, egli non se ne meraviglia, si umilia, trova che ne ha fatte molte di più. Dice a se stesso: è un uomo che è stato fatto; io invece, [l’ho fatto] a Dio. Egli non ne aveva ricevuto benefici, mentre io ne sono ricoperto.
Egli una volta, e io un milione. Oh, se durante questa quaresima
Ci esercitassimo in questi sentimenti, avessimo sempre questi
Pensieri, come la passeremmo santamente, come saremmo sicuri di ottenere il perdono delle nostre colpe! Sacrificium Deo spiritus contribulatus, cor contritum, et humiliatum, Deus, non despicies. No, Signore, voi non disprezzate un cuore così spezzato di dolore e umiliato in vostra presenza. Oh, che bel sacrificio, che piacevole profumo per voi e per tutto il paradiso! Quanto piacere avrete di vedere quest’anima così penetrata di sentimenti di penitenza! Quanto volentieri ascolterete i suoi sospiri! Quanto volentieri dimenticherete le sue passate infedeltà!Quanto ben riparato voi considererete il suo errore e la vostra gloria! Quanto abbondantemente riparerete voi stesso la perdita che ha subito delle grazie e dei soprannaturali! Quanto avrà motivo consolarsi della sua disgrazia! Quanto bene le farete sentire la vostra presenza e il perdono che le accorderete! Allora, anima mia, lavoriamo in questa quaresima a eccitare in voi veri sentimenti di penitenza. Abbiamo senza sosta davanti agli occhi ciò che Gesù ha sofferto per i nostri peccati e questi stessi peccati per i quali egli ha sofferto. Che il dolore che concepiremo a tale vista ci renda incapaci di ogni vano piacere! Che l’umiliazione che essa ci ispirerà ci protegga da ogni impazienza, da ogni mormorio!
Ecco i sentimenti interiori con i quali tutti i veri cristiani devono passare la quaresima, una santa tristezza e una salutare confusione che li allontani ugualmente e da tanta dissolutezza e da tanto orgoglio,ecc. Ahimè! Signore, come potrei rallegrarmi vedendo le lacrime che avete versato per me alla vista di tante colpe, i di che cosa potrei lamentarmi dopo ciò che ho meritato?
Punitemi con le malattie, con i disprezzi; servitevi, per questo, dell’imprudenza, dell’odio, dell’ingratitudine degli uomini, purchè non mi consegniate ai demoni e che non cada nelle mani della vostra giustizia eterna!

III
La penitenza si pratica all’esterno; il corpo, avendo preso parte ai nostri peccati, prende anche parte al dolore e all’umiliazione. Per questo Gesù ha voluto essere tormentato e umiliato nella sua carne. E di quali tormenti e di quali umiliazioni? In tutte le parti del corpo, in tutti i sensi e in ogni maniera, benché fosse molto sensibile. E’ strano che, dopo ciò, vi siano persone che biasimino le mortificazioni corporali.. Poiché, se è vero, come dicono, che quello che Gesù ha sofferto nel suo corpo è sufficiente per tutti, anche la sua contrizione potrebbe dunque essere sufficiente per tutti. Ma qui non è il caso di discutere; parlo a gente convinta. Bisogna espiare i nostri peccati e soddisfare alla giustizia divina con le penitenze corporali: Non vi esorterò a usare cilici e discipline, non perché pensi che ciò sia troppo duro, o poco indicato per la maggior parte della gente; tutti ne sono capaci; i termini di queste cose sono più severi delle cose stesse, e c’è più merito a impegnarvisi che a farne una pratica regolare. Una volta che si comincia non si può più trattenersi; i più delicati sono i più ferventi. Quando si ha un vero pentimento, le consideriamo come delizie. Talvolta si sono viste intere corti praticarlo come era in uso nei monasteri.
Ma sorvoliamo su queste austerità solo consigliate, per passare a quelle d’obbligo. Cominciamo col digiuno, che è prescritto..Nulla manifesta lo scarso pentimento che si ha come la disobbedienza a quest’obbligo. Ahimè! Abbiamo commesso peccati che quarant’anni di digiuno a pane e acqua non potrebbero espiare.
La chiesa, nostra buona madre, l’ha ridotto a quaranta giorni. E il quale digiuno, oggi così comodo e facile! Eppure non si riesce a decidervisi! So che vi sono ragioni per farsi dispensare. Ma quanti i falsi pretesti? Inoltre, come oseremmo esortare i fedeli a fare mortificazioni, quando non si è capaci di obbligarli ad astenersi dai piaceri? La quaresima non è affatto un tempo di divertimento per quanti abbiano un residuo di cristianesimo: è il meno che possiamo per i nostri peccati.Vi sono divertimenti che non sono cristiani in nessuna stagione. Ma in questa devono essere interdetti anche quelli che di solito sono permessi. Per questo la Chiesa proibisce le nozze, benché sante, a causa dei divertimenti che le accompagnano; essa toglie anche gli stessi canti spirituali, la musica e gli strumenti in chiesa. Bisogna meravigliarsi che Dio poi ci mandi flagelli? Noi stessi gli forziamo la mano. Bisogna proprio che lo faccia, se ci ama: noi non vogliamo fare nessuna penitenza, mai soffrire. Eppure bisogna dare soddisfazione per i nostri peccati. Dio mio, un po’ di questo zelo, un po’ di questi luci che avete concesso ai veri penitenti,alle grandi anime che non restavano mai sazie d’amarezze e di mortificazioni, che avevano tanto orrore delle delizie e dei piaceri.
Quando questa fosse la ragione dei piaceri, devono forse i piaceri essere [solo] per i peccatori? No,ormai il mio più gran piacere sarà di far soffrire questa carne, la quale è buona soltanto a questo. Il mio piacere, almeno durante questa quaresima, sarà l’uso di togliermi tutti i piaceri. Signore, dacci la forza di mettere in esecuzione queste sante risoluzioni;dalle ai miei ascoltatori e, se essi vi si applicano, vi scongiuro di colmare i loro cuori di quelli consolazioni a confronto delle quali tutte le altre consolazioni sono del tutto scipite e imperfette. Non temo che, dopo averle gustate una volta, ritorneranno poi ai vani divertimenti del mondo; ne resteranno disgustati per sempre.
Infine, la vera penitenza comprende anche l’umiliazione del corpo. Quella di Gesù è stata smisurata, non soltanto perché tutte le sue pene sono stati infamanti e accompagnate d’ignominie, soprattutto gli schiaffi, la flagellazione e la crocifissione;ma anche perché è stato insudiciato di sputi, trascinato nel fango, vestito da demente, da re da burla, per punire il lusso e la vanità, per dare una testimonianza pubblica del suo dolore: Se considerate Gesù in questo stato ne sarete colpiti infallibilmente; e se fate riflessione su voi stessi forse avete vergogna di vedervi in uno stato così poco conforme a quello di un peccatore penitente. Vi sono abiti e maniere di vestirsi che non sono per nulla cristiani. Bisogna sempre che ci sia una differenza, a questo proposito, tra noi e i pagani.
Ma in questa quaresima per spirito di penitenza, bisogna interdirsi perfino cose che non ledono affatto la modestia cristiana. La chiesa ce lo insegna, no soltanto perché i prelati vestono abiti meno ricchi e come una specie di lutto, ma anche col colore triste di cui orna i suoi sacerdoti e i suoi altari. Spero, dunque, che la donne cristiane nell’acconciarsi la capigliatura, si ricorderanno del capo di Gesù Cristo coronato di spine; nel vestirsi, dell’abito umiliante di cui ha voluto vestirsi.
Quale consolazione per la nostra buona Madre aderendo così ai suoi sentimenti, passassimo la quaresima nel modo che ho detto! Dio consolava il suo profeta afflitto dall’infedeltà dei Giudei mostrandogli che benché la maggioranza avesse mancato di fede, c’erano ancora seimila persone che avevano fatto il loro dovere.Sarebbe una consolazione molto grande, dato il piccolo numero di cattolici, se si comportassero bene. Ma se questo resto di gente che ne fanno professione si lascia andare, se sono cattolici solo in chiesa,e di un’altra religione a tavola, nei loro divertimenti, nel loro abbigliamento, che dolore mortale! Terminiamo,dunque questa meditazione dicendo,ciascuno per conto suo: Dio mio, perdonami le colpe passate. Non ancora mai fatto la quaresima da vero cristiano. Forse non ho mai ben saputo che cosa era, e a che cosa mi obbligava l’onore che ho di essere figlio della vostra santissima Chiesa. Ma sono deciso a cominciare quest’anno a fare il mio dovere. Fossi anche il solo, voi avrete un servitore fedele. Non mi vergognerò di operare come devo; e no sarà per il mio esempio che entrerà il rilassamento, e che il vostro nome sarà bestemmiato. Sono stato anche troppo peccatore; ho vissuto anche troppo a modo loro, Questa quaresima voglio cominciare una vita penitente. Forse la mia vita finirà con questa penitenza di quaranta giorni,e che è tutto ciò che mi resta.Tutta questa quaresima sarà per me divisa tra la meditazione e l’imitazione delle vostre sofferenze, tra la considerazione e l’espiazione delle mie colpe. Spero che, quando vedrete il mio cuore e il mio corpo così afflitti e umiliati, avrete compassione di me, e che mi perdonerete; quando mi vedrete così conforme alla vostra chiesa, voi esaudirete la preghiera che essa fa per me e per tutti i suoi figli che le ubbidiscono.
Quanto a me, sono convinto della buona volontà dei cattolici, talmente convinto che, se non fanno di più, è soltanto perché mancano loro avvertimenti e istruzioni, e che non dubito affatto del frutto di questo discorso. Rendilo ancora più grande di quanto io speri, Dio mio, voi a cui deve esserne attribuita tutta la gloria Amen.

Claudio De La Colombiere s.j., Santo

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