Data pubblicazione: venerdì 30 aprile 2004
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MATERIALE PASTORALE - CATECHESI
La formazione del Catechista
-Per poter diventare bravi catechisti è indispensabile un minimo di doti spontanee, ossia una certa attitudine naturale a fare l'educatore. Caio, che è gran buon figliuolo, ma che non ha memoria e che parlando balbetta e s'ingarbuglia, non ha stoffa di catechista. Sempronio che è nervoso, eccitabilissimo, e lascia andar continuamente cazzotti e scappellotti, non ha stoffa. Tizio che ha una timidità straordinaria, che chiude gli occhi parlando ai fanciulli e non osa guardare le persone in viso, solo se si corregge può essere messo a tenere una classe di ragazzi. Resta quindi che a formare il catechista giovano molto la buona volontà, la perseveranza tenace, lo studio, l'esercizio: ma a patto che ci sia un fondo di disposizioni naturali. -Per acquistare le doti religiose e morali servono la preghiera, la frequenza ai sacramenti, la meditazione, lo sforzo continuato per farsi un carattere lieto, paziente, leale, ottimista. Senza la meditazione, soprattutto, le condizioni non scendono fino alle profondità dell'anima. Anche la pratica dell'esame di coscienza e del ritiro mensile giova molto. -Per possedere la scienza sufficiente, occorre lo studio diligente, assiduo del catechismo. Non basta aver studiato: occorre studiare ancora, su testi più ampi, ben fatti, senza dir mai basta, con attenta riflessione. Non si richiede, certo, che ogni catechista ne sappia quanto il parroco, ma è certo che per insegnare agli altri non se ne sa mai abbastanza. -L'abilità didattica si acquista soprattutto con la pratica. E' sbagliato dire: adesso frequento un corso o imparo un trattato di pedagogia, e poi son belle e pronto a insegnare. Ci si forma solo insegnando. Seguire il corso e leggere il trattato, va benissimo; a patto che si applichi subito quel che s'è sentito e letto. E quando si è messo in pratica, si tornerà subito a sentire e a leggere, per vedere dove s'è fatto giusto e dove s'è sbagliato. E' stato detto: nei primi dieci anni, il maestro insegna a spese degli alunni. Questo, forse, è un pò troppo, ma è un fatto che nel "mestiere" dell'insegnamento si resta "apprendisti" molto tempo. -Ed anche quando si è fatto pratica e si ha un pò di esperienza si trema e si sente sempre il bisogno di imparare. I fanciulli si rinnovano, ed anche le classi. Il catechista pure deve rinnovarsi e non può gettar l'ancora e dire: adesso basta. -Oltre al corso dei catechisti, si partecipi, potendo, a raduni, giornate per catechisti. Buona cosa interrogare catechisti sperimentati: ci possono suggerire esperienze che sui libri non si trovano. Meglio ancora, ascoltare le lezioni che essi tengono ai loro scolari. Ottima cosa abbonarsi a una rivista ("Sussidi", "Catechesi", "Via Verità e Vita", "Catechisti parrocchiali"); avere a disposizione una biblioteca catechistica, fornita di testi, di cartelloni, disegni e riviste. Oltre a tutto questo, preoccuparsi di farsi uno zibaldone, ossia una raccolta propria di esempi, racconti, disegni. E' vero che ce ne sono già stampate, di raccolte simili, ma quella è roba di tutti, e non sempre è adatta ai nostri alunni, o al nostro temperamento. Occorre avere a disposizione del materiale proprio, che si è esperimentato efficace, che si sa adatto. Questo materiale va preparato un pò alla volta. Sento un bel paragone in una predica? -Me lo metto via! A casa lo scrivo, lo ripongo. Domani potrò tirarlo fuori a dottrina. Leggo un bel racconto? Lo scrivo. Domani lo ripeterò ai miei fanciulli. E così si diventa ricchi di bel materiale.
Giovanni Paolo I, Papa
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