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Data pubblicazione: sabato 1 marzo 2003  

RUBRICHE - SAGGI DI STORIA CALABRESE

Società e fede a Dasà tra ‘700 e ‘800

Il centro abitato di Dasà, nel versante tirrenico delle Serre calabresi, fu uno dei dieci casali della contea poi marchesato di Arena fino all’eversione della feudalità decretata il 2 agosto1806 durante il periodo di occupazione passato alla storia come decennio francese. In provincia di Catanzaro fu comune autonomo fino al 1992, anno del passaggio alla nuova provincia di Vibo Valentia.
La documentazione disponibile consente di sapere che il paese esisteva l’anno 1456. Il nome è riportato in un’inchiesta agrario-fiscale ordinata dal re Ferrante I d’Aragona per punire i feudatari che a lui si erano ribellati durante la guerra contro gli Angioini conclusasi con la conquista del Regno di Napoli ( 1).
Le scarse notizie statistiche informano che la popolazione era di 1.143 abitanti nel 1785, di 1.359 nel 1815, di 1723 nel 1849, di 1.546 nel 1856 e di 1607 nel 1881 ( 2).
Per sostegno dello spigolo della facciata della chiesa matrice nel 1782 fu costruito un Balluardo seu Palastro di conci granitici irregolari, sul quale in seguito furono collocate una stele del 1583 ed una croce anch’esse di pietra granitica. Il composito monumento è chiamato la croce di pietra, nella voce dialettale a cruc’i petra ( 3). I sedili di muratura adiacenti erano il circolo ricreativo all’aperto per gli incontri serali e festivi dei nostri antenati.
L’industria della seta doveva essere abbastanza fiorente, e le piantagioni di gelsi rientravano nelle colture maggiori. La località alla periferia nord dell’abitato tuttora chiamata i ciezi è certamente la stessa che nel 1784 era detta li celsi ( 4).
Il magnifico Nicola Anzoise l’1 luglio 1767 esibì al notaio per la registrazione la licenza per poter acquistare seta in tutta la provincia fino al 5 aprile del seguente anno. Negli anni dal 1786 al 1798 ottenne l’autorizzazione per il commercio della seta il magnifico Rosario Martirani. Titolare di uguale licenza per le annate 1787-88 e 1789-90 fu il barone dr Vincenzo Calcaterra, che il 31 luglio 1790 fece da garante per l’esercizio dell’attività al magnifico Antonino Olivieri ( 5).
Quelli che maggiormente trassero profitto dall’industria serica furono i fratelli Rosario e Vincenzo Martirani, che con la piovra dei loro affari raggiungevano tutti gli undici luoghi abitati del marchesato d’Arena. Nella città di Monteleone nel 1794 avevano appaltato ad estinto di candela per quattro anni le Bilancie delle sete di Arena, Acquaro, Dasà e Lìmpidi (ora frazione d’Acquaro) per complessive 2.189 libbre annue ( 6).
L’anno 1786 due persone di Ciano (ora frazione di Gerocarne) si impegnarono di restituire con seta i 28,00 ducati ricevuti in prestito dal dr Vincenzo Parandelli di Dasà ( 7).
Il sig. Domenico D’Alessandria di Monteleone nel 1787 con due obblighi, uno del 12 aprile e l’altro del 13 maggio, s’assicurò seta per 164,80 ducati complessivi ( 8).
L’olivicultura, abbastanza diffusa, richiedeva che fossero in funzione molti trappeti, e la produzione alimentava un fiorente mercato oleario. Nell’obbligo si stabilivano il tempo ed il luogo della consegna, e che l’olio doveva essere di buona qualità, ricettibile, e mercantibile, fuori acqua morga ( 9).
Oltre ai capitalisti locali, si rivolgevano verso la produzione di questa zona anche privati cittadini e mercanti della città di Monteleone.
Intermediario di fiducia per l’affidamento di tali incombenze era il dr fis. Francesco Salimbeni, il quale nell’amministrazione del feudo d’Arena ricoprì le cariche pubbliche di cassiere generale dal 1769 al 1773 e di sindaco generale nel 1797-1801.
Nel territorio era molto attiva la produzione dei laterizi. I lavori di scavo che si eseguono per nuove costruzioni intorno al vecchio centro abitato riportano alla luce resti di fornaci delle quali non si hanno notizie a memoria di uomo. In una località olivetata distante meno di un kilometro dal paese, detta la calcara, fino agli anni ’50 erano in funzione due fornaci per la cottura di tegole e mattoni.
Il prezzo delle tegole da 4,50 ducati al migliaio andò diminuendo ad iniziare dal 1784 fino al quasi dimezzamento quattro anni dopo. Si registrò un leggero rialzo nel 1789, e si tornò nel 1790 alle quotazioni di due anni prima (10).
La vicinanza dei boschi offriva un’altra importante fonte di reddito con la lavorazione del legname delle località Alù e Castagnitello, con richieste provenienti anche da paesi anche alquanto distanti da Dasà.
Obblighi per la fornitura di legname di vario tipo furono stipulati nel 1785 con l’arciprete di Filandari, e nel 1786 col sig. Annunziato Sarlo di Fràncica e con mastro Antonio Sìlipo il quale stava eseguendo i lavori di lavori di costruzione della cattedrale della nuova Mileto dopo il terremoto del 1783 (11).
Nell’industria del legname era impegnato mastro Nicola Galati, trasferitosi da Acquaro a Dasà dopo il matrimonio con donna Domenica Minà, il quale lavorava associato con altri tre suoi fratelli domiciliati in Acquaro e due mastri della vicina Lìmpidi (12).
Nello stesso ramo di attività lavoravano in società i mastri Giuseppe Fogliaro e Francesco Turcaloro (13).
L’esistenza di un alveare si rileva dalla donazione d’un fondo di tre mezzarolate e di alcuni mobili ed utensili e di una camera palaziata attaccata col suo palazzo, […], e proprio quella dove al p(rese)nte vi è la cocina con un casello di Api, fatta il 20 luglio 1758 dal magnifico Lorenzo Capimolla in favore di Domenico Sìmari che nessun compenso aveva ricevuto in molti anni di servizio (14).
Il magnifico Domenico Maria Bruni gestiva una piccola manifattura di crivi per la cernita della farina. Nel 1796 acquistò i cerchi da mastro Saverio Gargano, e dallo stesso e dai mastri arenesi Antonino Iorfino e Giuseppe Corbo tre anni dopo (15).
Lo stesso Bruni il 6 luglio 1799 comprò da mastro Pasquale Lochiatto due conci di fiscoli per il trappeto, detti tuttora sportine nel linguaggio locale, al prezzo di 2,80 ducati per ciascun concio (16).
Si apprende l’esistenza di una dolceria da un obbligo del 16 maggio 1797 per mezzo del quale il magnifico Francescantonio Montagnese dichiarò di dover consegnare al patron Antonio Accorinti di Parghelìa olio per l’importo di 39,00 ducati, dei quali era rimasto debitore per tanto melazzo fornitogli (17).
Nell’arte del ricamo era versata donna Caterina Lacquaniti, che in qualità appunto di maestra di racamo il 14 giugno 1770 stimò il corredo della magnifica Isabella Luzzi che andava sposa al dr fis. Paolo Cotronea di Pìzzoni (18). La gentildonna era nativa di Palmi, e si stabilì a Dasà dopo il matrimonio col dr Nicola Parandelli celebrato il 9 ottobre 1759 nella chiesa matrice della sua città (19). Si conserva di lei un velo di seta gialla ricamato l’anno 1758 per la croce processionale dell’ancora attiva confraternita dell’Immacolata della quale il futuro marito era stato priore due anni prima. Rimasta vedova nel 1786, morì il 4 gennaio 1814.
Nel corso del ‘700 e fino all’eversione della feudalità, le notizie reperite nei protocolli notarili e nei fascicoli della Regia Udienza mostrano come l’ufficio di Sindaco generale dello “Stato”d’Arena fu esercitato per molti anni da cittadini di Dasà o diventati tali per immigrazione a seguito di matrimonio. La serie si apre col magnifico Silvio Parandelli (1735, 1740,1742), e seguono il mag.co Stefano Politi (1749-50), il dr Domenico Antonio Parandelli (1750-51), il notaio Antonino Nicola Scaramuzzino (1752), il mag.co Giuseppe Antonio Filardo (1752-55), il dr fis. Nicola Carnì (1755-56), il mag.co Giovanni Mondilli (1757), il mag.co Domenico Calcaterra (1758-59), il notaio Paolo Corrado (1760-64), il mag.co Lorenzo Capimolla (1767-68), il notaio Domenico Viterbo (1769-73), il sig. Nicola Anzoise (1774), il mag.co Paolo Bruno (1776-77), il mag.co Francesco Luzzi (1778-80), il dr fis. Nicola Carnì (1781), il mag.co (orefice) Rosario Barbaro (1782-86), il barone dr Vincenzo Calcaterra (1787-89), di nuovo il dr fis. Nicola Carnì (1791), il dr fis. Francesco Salimbeni (1797-01) ed il dr Vincenzo Parandelli (1802-03).
L’attività di ceraioli era esercitata dagli Anzoise e dai Palmieri, e dal notaio Paolo Corrado. Si rivolgevano ad essi le richieste anche dai paesi vicini (20).
Nella produzione dei fuochi artificiali era presente mastro Gioacchino Scamardì. La notorietà fu raggiunta da un ramo della famiglia Bruni, e ne sono prove le commissioni ricevute nel 1767 e nel 1773 da mastro Giuseppe Bruni per gli spari in occasioni di feste in Bivongi (21). Il soprannome u maschieri è ancora in uso per indicare i discendenti di quei fochisti.
Non era sconosciuto il gioco del lotto. La gestione nel 1786 fu appaltata, con la provvisione del 4% sulle giocate, in febbraio dal sig. Giuseppe Aragona, di Monteleone abitante in Dasà, ed alla fine di giugno dal magnifico Antonino Olivieri (22).
Il paese subì danni a causa dei terremoti del 6 dicembre 1743, del 5-7 febbraio 1783 che provocò 52 morti sotto le macerie ed altri nei giorni successivi a causa delle ferite riportate, del 12 ottobre 1791, e certamente anche di quello che l’8 marzo 1832 fu avvertito nella vicina Arena (23).
Nei primi anni del ‘700 fu iniziata la costruzione della nuova chiesa matrice dedicata a San Nicola vescovo, della quale la prima notizia è contenuta in un istrumento stipulato il 20 settembre 1527 sul suo sagrato (24).
L’apertura al culto avvenne solennemente il 6 dicembre 1775 con la processione per la traslazione del Santissimo Sacramento dalla chiesa filiale della Consolazione che per tutta la durata dei lavori aveva assolto alla funzione di parrocchiale (25).
L’anno 1729 fu completata la chiesa della confraternita dell’Immacolata, che il 16 maggio 1587 era stata fondata nella chiesa della Consolazione, e l’11 febbraio fu sepolto il primo confratello. Oltre all’altare maggiore, nel 1777 erano eretti gli altari della Sacra Famiglia e di San Francesco di Paola con i rispettivi quadri. Lo stesso anno fu impiantata la Via Crucis e furono commissionate le quattordici tele al pittore Giacomo Arbascià di Monteleone. La devozione al Sacro Cuore di Gesù, introdotta nel 1775, fu confermata nel 1822 con l’aggregazione della confraternita alla primaria arciconfraternita romana (26). La chiesa fu demolita l’anno 1930, e l’attuale fu benedetta il 7 settembre 1947.
La confraternita del Santissimo Rosario, confermata il 14 aprile 1588, il 6 ottobre 1838 trasferì la propria sede dalla cadente chiesa di San Giovanni Battista in quella della Consola-zione nella quale tuttora è attiva (27).
Per le devozioni familiari e personali nella chiesa filiale della Consolazione erano eretti gli altari o cappelle :
- del Rosario, posta a latere sinistro ab ingressu dalla porta maggiore, fondata dal sac. Vincenzo Scopacasa con bolla emessa il 17 ottobre 1600 da mons. Marcantonio Del Tufo, vescovo di Mileto. Il sac. Antonino Scopacasa, durante il rito della presa di possesso della cappellania, l’8 luglio 1754 baciò la figura del SS.mo Rosario collocata sopra l’altare (28).
- della Madonna della Grazia, nella quale l’8 maggio 1688 il chierico Pietro Iogà aveva fondato una Messa col canto l’anno per ascendere al sacerdozio (29). Nell’altare il 30 ottobre 1711, dopo aver ottenuto la concessione dal sac. Pietro suo nipote ex sorore, Giovanni Corrado eresse una cappellania di una messa ogni settimana per il figlio Antonino, chierico avviato al sacerdozio (30).
Nei verbali delle visite pastorali dal 1717 al 1753 il patronato fu riconosciuto ai Iogà ed ai Corrado, e dal 1766 in poi solo a questi ultimi (31). Senz’altro i Iogà erano decaduti, e non potevano provvedere agli oneri del mantenimento della cappella.
- della Madonna del Carmine, col jus nominandi del cappellano spettante al priore del convento di San Domenico di Soriano. Si celebravano due messe ogni settimana nel 1696, e nel 1751 l’altare era già demolito perché interdetto da otto-dieci anni (32).
- dell’Immacolata, nel cimitero comunicante con la sagrestia della chiesa. Si ha notizia dalle visite pastorali del 3 luglio 1748, dell’11 luglio 1753 e del 10 luglio 1759 (33).
- del Nome di Gesù, la cui esistenza nel 1635 è nota da un strumento del 5 marzo 1671. Nel 1777 era l’unico altare traslato nella chiesa matrice di recente aperta al culto (34).
- del Crocefisso, esistente già nel 1642 sotto il titolo delle Anime del Purgatorio, che cambiò dopo che nel 1655 fu acquistata per 31,00 ducati la statua scolpita dal napoletano Giuseppe Maresca . L’artistica opera dal gennaio 1961 troneggia sopra l’altare maggiore (35).
- di Sant’Antonio di Padova, visitata nel 1630 e di patronato della famiglia Gaetano che l’aveva precedentemente fondata. Passata già nel 1716 ai Parandelli, che davanti avevano il sepolcro familiare, era ancora ad essi assegnata nel 1794 (36).
- di San Gregorio taumaturgo, menzionata nel 1716 quando era patronato dei Minniti, ai quali subentrarono i Sigillò che vicino costruirono il sepolcro per la famiglia. Sopra l’altare era collocato un quadro o una statua che nel 1753 necessitava di un restauro (37).
- di San Francesco d’Assisi e San Francesco di Paola, nella quale sul finire del ‘600 il sac. Giovandomenico Bartone aveva fondato tre messe settimanali, alle quali ne aggiunsero altre tre i sac. Francesco e Pietro Minà di Cesare suoi nipoti. Il patronato, dei Minà nel 1716, era anche dei loro parenti Luzzi nel 1766. La cappella nel 1794 non fu menzionata (38).
La tradizionale ‘ncrinata, detta altrove affruntata od anche cumprunta, che richiama fedeli anche di altri paesi, si svolgeva e tuttora si svolge il martedì dopo Pasqua sul mezzogiorno. Si riscontra in un documento del 1711 la prima notizia della sacra rappresentazione dell’incontro di Cristo con la Madre dopo la di lui Risurrezione (39).
L’annuale fiera dell’Immacolata, documentata sin dall’anno 1649, era ed ancora è l’occasione per far compere sia per i cittadini che per i tanti forestieri provenienti dai centri viciniori.
In località Sambrasi, ora periferia dell’abitato, si teneva già nel ‘600 una fiericciola intorno ad una chiesetta dedicata a San Biagio caduta probabilmente col terremoto del 6 dicembre 1743 (40).
Nel 1791 fu pubblicato il “Catasto onciario”, compilato nel 1782, e che pertanto riportava le situazioni patrimoniali e demografiche precedenti al terremoto del febbraio 1783.
L’anno 1824 i rapporti tra il comune di Arena e quelli di Acquaro, Dasà e Dinàmi divennero tesi perché i decurionati degli ultimi tre paesi avevano trasmesso al sovrano una richiesta per il trasferimento del capoluogo mandamentale a Dasà che per gli altri due era meno decentrato di Arena posto sopra un colle ad un’estremità del territorio circondariale.
L’uno e l’altro dei due comuni contendenti inviarono alle autorità competenti alcune memorie per evidenziare ciascuno le proprie migliori condizioni di ricettività e di ambiente. In Dasà c’erano quaranta galantuomini e civili, e tra questi si contavano sei avvocati, tre medici e due chirurghi, due speziali di medicina e due speziali manuali, e quattro notai. Invece in Arena i galantuomini e civili erano soltanto undici, e comprendevano un medico ed uno speziale manuale, e due notai.
La contesa ebbe il suo epilogo nel mese di agosto del 1830, con la salomonica decisione di lasciare tutto come prima onde evitare i sconcerti inseparabili da tale innovazione (41).
Nei secoli XVIII e XIX illustrarono la propria terra il padre minimo Gennaro Mattei (Dasà, 02/07/1657- Nicòtera 25/01/1725), vescovo di Nicòtera, il canonico Tommaso Scaramuzzino (Dasà, 1695 ? – Mileto, 24/04/1769), penitenziere e poi arciprete della chiesa cattedrale di Mileto, il notaio-poeta Piergiovanni Salimbeni (Limpidi, 21/05/1721 – Dasà, 09/09/1792), i fratelli avvocato-filosofo Nicola (Dasà, 1770 ? – 07/02/1830) e medico-filosofo Nicola (Dasà, 1773 ? – 10/01/1858) Calcaterra del barone dr Vincenzo (42), gli scultori Nicola Corrado (Dasà, 1802 ? – 01/09/1856), Gabriele Corrado di Nicola (Dasà, 03/01/1829 – 21/01/1888), Gabriele di Pasquale (Dasà, 30/04/1816 - ? ), il pittore Pasquale Corrado (Dasà, 1810 ? – 05/06/1866) (43).

n o t e
sigle ed abbreviazioni :
AS VV = Archivio di Stato di Vibo Valentia
ASD M = Archivio storico diocesano di Mileto
AS CZ = Archivio di Stato di Catanzaro
AP= Archivio parrocchiale
AC=Archivio della confraternita
not. = protocollo del notaio
istr. = istrumento
ob.= obbligo
v p = verbali delle visite pastorali
cart.= cartella
fasc.= fascicolo
f.= foglio
p.= pagina

1) E. PONTIERI, La Calabria a metà del secolo XV e le rivolte di Antonio Centelles, Napoli 1963, p. 295.
2) L. IZZO, La popolazione calabrese nel secolo XIX, Napoli 1965, p. 278.
3) A. TRIPODI, La vecchia “croce di pietra” a Dasà, in “Brutium” LXIX (1990), nn. 2-3, p. 45 ; ora in A. TRIPODI, In Calabria tra Cinquecento e Ottocento, Reggio Calabria 1994, pp. 333-334.
4) AS VV, not. G. M. Salimbeni, istr. 29/09/1784.
5) AS VV, not. Piergiovanni Salimbeni, ob. 01/07/1767, per N. Anzoise; not. N. Bruni , ob. 22/06/1786, 06/07/1787, 22/06/1788, 22/06/1789, 28/06/1790, 08/07/1791, 02/07/1792, 06/07/1793, 28/06/1794, 11/06/1795, 23/07/1796, 17/07/1797, 24/07/1798, per R. Martirani; ob. 12/07/1787, 29/07/1789, per V. Calcaterra; ob. 31/07/1790, per A. Olivieri.
6) AS VV, not. N. Bruni, istr. 30/07/1784.
7) AS VV, not. N. Bruni, ob. 18/06/1786.
8) AS VV, not. N. Bruni, ob. 12/04 e 13/05/1787.
9) AS VV, not. N. Bruni, ob. 04/12/1785, ecc.
10) AS VV, not. N. Bruni, ob. 15/12/1784, 30/01-02/02- 08/02-20/02/1785, 06/12/1786, 12 e 13/02-19/08/1787, 02/03/1788,28-29/03/1789,19/03-30/04-18/11-19/12/1790, 12/12/1802; A. TRIPODI, La Madonna della Consolazione – Dasà, Vibo Valentia 1983, p. 15.
11) AS VV, not. N. Bruni, ob. 11/11/1785, 26/11/1786, 11/07-26/11/1788, 06/01/1794; A. TRIPODI, La Madonna … , p. 15.
12) AS VV, ibidem.
13) AS VV, not. N. Bruni, ob. 28/06/1786 e 24/10/1789.
14) AS VV, not. A. Imeneo, istr. 20/07/1758.
15) AS VV, not. G. Viterbo, ob. 13/11/1796, 19/02/1799, 06/10/1799.
16) AS VV, not. G. Viterbo, ob. 06/07/1797.
17) AS VV, not. G. Viterbo, ob. 16/05/1797.
18) AS VV, not. P. Corrado, cap. matr. 14/06/1770.
19) AP Palmi, Liber matrimoniorum
20) AS CZ, Regia Udienza, cart. A, 18, XII; ASD M, Libro dei conti della cappella del Santissimo Sacramento di Acquaro, anno 1758 - 59, f. 130v.
21) AS CZ, Libro dei conti della venerabile cappella di Mamma Nostra […] di Bivongi, ff. 21, 21v, 37v.
22) AS VV, not. N. Bruni, ob. 17/02 e 29/06/1786.
23) AS CZ, Intendenza, cart. 4/72; A. TRIPODI, Il terremoto dell’8 marzo 1832 nelle Serre e nel Poro, in “Rivista storica calabrese” ns XVI (1995), nn. 1-2, pp. 281-292.
24) ASD M, Libro degli istrumenti di San Lorenzo; A. TRIPODI, La Madonna …, p. 11.
25) ASD M, Libro delle rendite della cappella del Santissimo Sacramento di Dasà, f. 348; A. TRIPODI, La storia cinque volte secolare della chiesa della Consolazione di Dasà, in “Calabria Sconosciuta” XII (1989) n. 43, p. 115; ora in A. TRIPODI, In Calabria …, p. 110.
26) AC Immacolata di Dasà, Registro delle deliberazioni; A. TRIPODI, Nella pianura di Cannazzi e del Salvatore, in “Rogerius” V (2002), n. 2; A: TRIPODI, La Madonna … , p. 55.
27) ASD M, Dasà - cart. Confraternite ; A. TRIPODI, La chiesa di San Giovanni Laterano e il convento di Santa Maria della Pietà di Dasà in Calabria Ultra, in “Analecta Augustiniana” LXI (1998), p. 87.
28) ASD M, Processo civile per il beneficio del Ss.mo Rosario; AS VV, not. P. Corrado, istr. 08/07/1754; A. TRIPODI, La Madonna …, p. 37.
29) ASD M, Bollario 1662-1693, f. 159v; F. VON LOBSTEIN (a cura di), Bollari dei vescovi di Mileto, Pietrabissara 1998, p. 51; A. TRIPODI, La Madonna … , pp. 37-38.
30) AS VV , not. D. Ciancio, istr. 30/10/1711.
31) ASD M, v p, vol. 8°, ff. 78 e 278; vol. 9°, ff. 265, 398 e 843; vol. 10°, ff. 91, 171, 514 e 1207; vol. 11°, f. 265; vol. 12°, ff. 211 e 750; A. TRIPODI, La Madonna …, p. 37-38.
32) AS CZ, Platea della chiesa di Santa Maria della Consolazione di Dasà, f. 43; ASD M, v p, vol. 10°, f. 1209; A. TRIPODI, La Madonna …, pp. 38-39.
33) ASD M, v p, vol. 10°, f. 516, vol. 11°, ff. 266 e 1078; A. TRIPODI, La Madonna …, p. 39.
34) AS CZ, Pergamene; ASD M, v p, vol. 12°, f. 750; A. TRIPODI, La Madonna …, p. 40.
35) ASD M, Libro d’introito ed esito della Cappella del Purgatorio di Dasà, anno 1654/1655; A. TRIPODI, Un crocefisso ligneo nella chiesa parrocchiale di Dasà, in “Brutium” LXII (1983), n. 4, pp.6-7; ora in A. TRIPODI, In Calabria …, pp. 265-270; A. TRIPODI, La Madonna …, p. 41.
36) ASD M, v p, vol. 5°, f. 196; vol. 7°, f. 519; vol. 12bis, f. 185; A. TRIPODI, La Madonna … , p. 41.
37) ASD M, v p, vol. 7°, f. 519; vol. 11°, f. 265; A. TRIPODI, La Madonna …, pp. 40-41.
38) ASD M, v p, vol. 7°, f. 518; vol. 12°, f. 411; vol. 12bis, ff. 185-187; A. TRIPODI, La Madonna …, pp. 39-40.
39) AS VV, not. D. Ciancio, istr. 26/11/1711; A. TRIPODI, La Madonna …, p. 25.
40) ASD M, vp, vol. 10°, ff. 170-173. La chiesa di San Biagio non fu visitata.
41) AS CZ, Intendenza, cart. 212/A, fasc. 2 e 9; A. TRIPODI, Il capoluogo circondariale – Ottocentesca controversia tra i comuni di Arena e di Dasà, in “Historica” XLVIII (1995), n. 4, pp. 191-194; A. TRIPODI, La Madonna …, p.14.
42) A. TRIPODI, La Madonna … , p. 17.
43) A. TRIPODI, Sull’arte in Calabria (I), in “Hipponiana” II (1994), n. 5, pp. 21-22.



Antonio Tripodi, Diacono

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Giovanni Paolo II

"Desidero esprimere la mia approvazione e il mio incoraggiamento a quanti, a qualunque titolo, nella Chiesa continuano a coltivare, approfondire e promuovere il culto al Cuore di Cristo, con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in modo da poterlo trasmettere alle generazioni future nello spirito che sempre lo ha animato"
Messaggio nel centenario della consacrazione del genere umano al Cuore divino di Gesù


Parole di Gesù Divina Misericordia a
Santa Faustina Kowalska
Una volta mentre attraversavo il corridoio andando verso la cucina, sentii nell'anima queste parole: “ Recita continuamente la coroncina che ti ho insegnato. Chiunque la reciterà, otterrà tanta Misericordia nell'ora della morte. I sacerdoti la consiglieranno ai peccatori come ultima tavola di salvezza; anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa coroncina una volta sola, otterrà la grazia dalla Mia infinita Misericordia. Desidero che tutto il mondo conosca la Mia Misericordia. Desidero concedere grazie inimmaginabili alle anime, che hanno fiducia nella Mia Misericordia”.
 


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