Data pubblicazione: sabato 2 novembre 2002
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RUBRICHE - SAGGI DI STORIA CALABRESE
I FRANCESCANI CONVENTUALI A SEMINARA
La fondazione del convento con l’annessa chiesa dei Frati Minori Conventuali di Seminara è abbastanza controversa. Si vorrebbe datarla durante il decennio 1220-1230 di permanenza a Castrovìllari del beato Pietro di Sant’Andrea di Faenza, portando a sostegno la petizione indirizzata nel 126 al capitano della città per la concessione del suolo. Ma l’analisi letteraria rivela che quella istanza è un grossolano falso redatto in epoca posteriore ( 1). Stando al Taccone-Gallucci l’erezione del convento sarebbe avvenuta l’anno 1310, mentre è assegnata al 1317 sia dal Fiore che dal Napoleone ( 2).
La minuziosa e completa descrizione del riedificato convento e dell’annessa primitiva chiesa si trae dalla platea compilata l’anno 1722, dal 15 al 22 settembre, per mano del notaio Antonio Pentifalli dalla vicina Melicuccà richiesto per l’occasione ( 3). Il complesso monastico sorgeva al piano di S(an)to Franc(es)co nel mezzo del quale era eretta una statua marmorea del duca Carlo Spinelli, primo feudatario della città. Sul largo prospettavano anche la chiesa dello Spirito Santo e l’altra contigua ormai diruta di San Rocco, sulla destra andando verso il convento. La chiesa aveva una lunghezza di 121 palmi ed una larghezza di 37+1/4 palmi napoletani, corrispondenti a 31,95 x 9,84 metri nell’attuale sistema di misura. La posizione è indicata dalle finestre sui due lati : tre prendevano luce dal chiostro e due dalla strada pubblica. La porta maggiore, raggiungibile dal piano della piazza a mezzo di tre gradini di marmo, era di pietra di Siracusa colla volta ad arco alla maniera francese nel quale erano dipinti l’Immacolata Concezione tra i santi Francesco d’Assisi ed Antonio di Padova. Sotto l’arco, sopra le tre immagini era posto lo stemma di marmo degli Spinelli con una barra e tre stelle. Nel mezzo della prospettiva della Chiesa la luce filtrava all’interno attraverso due finestre ai lati di un finestrone rotondo, tutti chiusi da vetrate. La fonte per acqua santa di marmo bianco, con Serafini scolpiti, e piedestallo anche di marmo bianco era posta all’interno sulla destra della porta maggiore. Le altre due acquasantiere, anch’esse marmoree, stavano situate ai lati delle porte laterali che davano l’accesso una dal coro e l’altra dalla pubblica strada. In una nicchia di questa porta era collocato un mezzo busto del Padreterno con un serafino, che la generica indicazione di pietra potrebbe significare che erano di granito locale. Nel centro del presbiterio era costruito l’altare maggiore con una custodia di legno intagliato con nicchie e colonne, opera di arte monastica del 1607. Sul frontespizio della Cappella di legno con sue Colon(n)e tutte dorate, che conteneva la descritta custodia, si leggeva la scritta : ADORO DEVOTE LATENS DEITAS, con le lettere dorate. Sopra ciascuna delle due porte ai lati dell’altare che immettevano nel coro erano poste cinque statue lignee, una intera e quattro a mezzo busto contenenti queste ultime alcune reliquie. Le intere raffiguravano San Bonaventura e San Ludovico, e gli otto reliquiari i santi Lorenzo martire, Chiara, Ippolito, Orsola vergine, Bartolomèo apostolo, Biagio martire, Vennera martire, e Flavia. Le cappelle di legno dorato con le nicchie per i santi Francesco con le stimmate ed Antonio col Bambino, erano erette rispettivamente in cornu evangelii ed in cornu epistulae dell’altare maggiore, che la presenza delle croci rosse dipinte sotto l’arco maggiore di pietra di Siracusa mostrava essere stato consacrato. Sul lato del vangelo, alla cappella di San Francesco seguiva quella dell’Epifanìa, con un bassorilievo di fino marmo bianco raffigurante la visita dei tre Magi. In basso c’era la scritta : REGES THARSIS ET INSULAE MUNERA OFFERENT / REGES ARABUM ET SABA DONA ADDUCENT. Nella soprastante lunetta due angeli adorano l’Eterno Padre, sotto ed intorno al quale in un cartiglio era inciso : DELICIAE MEAE CUM FILIIS HOMINUM. In alto, in una lastra di marmo era scolpita la scritta : VIDIMUS STELLAM EIUS IN ORIENTE ET VENIMUS CUM MUNERIBUS ADORARE DOMINUM / IOANNES BERNARDUS LONGUS ET EIUS FRATER AD HONOREM EIUS M(AT)RIS HOC OPUS FIERI FECERUNT 1551 ( 4). Nella cappella successiva era posto un quadro ad olio su tela con la rappresentazione della scena della Natività del Signore. La terza cappella era dedicata ai santi Agostino e Diego, dei quali c’erano le statue di legno. I padri erano in trattative per la cessione alla signora Giuditta Migliorino, vedova del barone Geronimo Coscinà che era stato sepolto davanti all’altare. Seguiva la cappella del Carmine, che era sempliciss(i)ma senza lavoro di pietra od altro ed ornata col quadro ad olio su tela con la cornice intagliata e dorata. Nel dipinto la Madonna era raffgurata tenuta da due angeli tra i santi Andrea Avellino e Gaetano. Per devozione del duca di Telese, che alcuni anni prima aveva visitato la chiesa durante il viaggio di ritorno dalla Sicilia ed aveva lasciato una congrua elemosina, in un lamiere di bronzo era di continuo accesa una lampada votiva. Lo stesso duca, giunto a Napoli aveva provveduto all’invio del quadro descritto. L’ultima cappella era dedicata all’Immacolata Concezione. La statua, di legno dorato e tenuta da due Angioli della stessa fattura, era posta in una nicchia e protetta da un velo di seta. Nell’iscrizione incisa sul frontespizio del rivestimento di pietra di Siracusa era riportata l’erezione avvenuta a devozione dei frati l’anno 1661. Il confessionale di legno e uno stipo anche di legno completavano l’arredamento da quel lato. Nello stipo era conservata la belliss(i)ma Statua del Glorioso S(an)to Antonio di Padova al naturale, di palmi sette, posta sopra una base intagliata a fiorami smaltata tutta con mistura di oro cheavevano fatto eseguire a proprie spese alcuni devoti cittadini, e che si portava in processione nel giorno della festa. Sull’altro lato, dopo la già descritta cappella di Sant’Antonio, s’incontrava quella intitolata alla Trasfigurazione del Signore con un bassorilievo marmoreo. L’iscrizione ricordava ch’era stata eretta l’anno 1555 da Iacobello Franco, figlio di Antonio, conte palatino e canonico della cattedrale di Mileto. La cappella di Santa Maria dell’Itria, ad arco di pietra di Siracusa, era ornata col quadro della titolare tra i santi Girolamo a destra e Francesco di Paola a sinistra, dipinto nel 1595 dall’artista Paolo Villari di Messina. Il rivestimento marmoreo era stato commissionato AD HONOREM NATIVITATIS MARIAE VIRGINIS dal nobile Matteo Rubens nel 1670. Seguiva la cappella del Crocefisso, raffigurato tra la Maddalena e San Giovanni nel quadro ad olio su tela, eretta nel 1603. Sul velo era dipinto Cristo che portava la croce nel viaggio verso il Calvario. In due nicchie laterali erano poste due statuette lignee degli apostoli Pietro e Paolo. La quarta cappella, dedicata alla Porziuncola, era stata eretta l’anno 1604 dalla famiglia Rossi che davanti aveva costruito la propria sepoltura. Il quadro di tela era senza cornice, e nelle basi del rivestimento di pietra di Siracusa erano scolpite le Armi dei proprietari. Seguiva la cappella della Madonna della Catena, con quadro su tavola del citato Paolo Villari messinese che l’aveva dipinto nel 1599. Nella parte inferiore di questo erano raffigurati i santi Francesco d’Assisi, Nicola da Tolentino e Francesco di Paola. L’altare era sprovvisto di tutte le suppellettili. L’ultima cappella, eretta il 10 novembre 1585 da Francesco e Cesare Franco, dei quali era inciso lo stemma, era dedicata all’Immacolata Concezione. Il quadro ad olio su tela completava l’architettura in pietra di Siracusa con colonne e capitelli ed altre sculture. Tra la seconda e la terza cappella del lato dell’epistola c’era la porta d’accesso al chiostro. Sopra di essa stava il pulpito di legno intagliato, ed in tre pannelli erano scolpiti lo stemma francescano al centro e quelli del feudatario e della città uno da una parte ed uno dall’altra. Il tetto era di legno intagliato con le diciotto travi in vista, tutte pittate con spruzzi di oro. Nel mezzo del soffitto era posto un quadro in tela con l’Immacolata ed i santi Francesco d’Assisi ed Antonio di Padova. Nel cielo del baldacchino di tavole, collocato sopra l’arco maggiore del presbiterio, era raffigurato San Francesco con le stimmate. L’organo ad otto registri stava nel mezzo del soprapopolo soprastante la porta maggiore per tutta l’estensione del muro interno della facciata. La descrizione ella chiesa termina con alcune osservazioni sulle sue vicende nel corso dei secoli. In origine era una cappelluccia dedicata a Santa Maria del Popolo. Ingrandita successivamente, il 28 luglio 1527 il francescano Cesare vescovo di Peristasia ( 5) la consacrò col primitivo titolo ponendo nell’altare maggiore le reliquie dei santi martiri Ippolito e compagni.
n o t e 1) F. RUSSO, I francescani minori conventuali in Calabria (1207-1982), Catanzaro 1982, p. 26. 2) D. TACCONE-GALLUCCI, Monografia della città e diocesi di Mileto, Modena 1882 rist. anast. Bologna 1984, p. 169; G. FIORE, Della Calabria illustrata, vol. 2°, Napoli 1743 rist. anast. Bologna s. d., p. 401; V. F. LUZZI, Le “memorie” di Uriele Maria Napoleone, Reggio Calabria 1984, p. 219. 3) ARCHIVIO STORICO DIOCESANO di MILETO, Platea ven(erabiis) conve(n)tus PP. Min(o)rum Conven(tua)lium S(ancti) Fran(cisci) de Assisio civit(a)tis Seminariae (anno 1722), ff. 7-14. 4) F. PAOLINO, Altari monumentali in Calabria. 1500-1620, Reggio Calabria 1996, p. 52. L’autrice attribuisce il bassorilievo al frate servita Giovannangelo Montorsoli, attivo in Messina nel decennio 1547-1557. L’ultima delle iscrizioni citate è andata perduta, certamente ridotta in frantumi a causa del terremoto del 5-7 febbraio 1783. La parte rimasta dell’opera è ora collocata nella chiesa di San Michele in Seminara. 5) G. VAN GULIK e C. EUBEL, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, vol. 3°, Padova 1923, p. 271. Per la morte di Stefano, il professore di teologia Cesare dell’Ordine dei Minori il 19 marzo 1526 fu nominato vescovo di Peristasia, sede titolare nella Tracia, suffraganea di Eraclea.
Antonio Tripodi, Diacono
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