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Data inserimento: 03/04/2008 III DOMENICA DI PASQUA: I DISCEPOLI DI EMMAUS.
3. Una Connessione Ricostruita
E’ a questo punto che chiunque abbia responsabilità educative nella Chiesa, e quindi in primo luogo i pastori d’anime, si chiedano come uscire da questa situazione così devastante per l’umanità di ogni persona umana, come ricostruire la capacità di cogliere la mirabile connessione fra coniugalità, dono della vita, educazione della persona. Ed è domanda quotidianamente assillante anche nel mio ministero episcopale. Sottopongo alla vostra riflessione e al vostro competente giudizio la risposta che mi sembra la più vera, e che si articola in due momenti.
3,1. La Sacra Scrittura, più precisamente il Vangelo secondo Luca (24,19-21) parla esplicitamente di una figura di uomo che ha incredibili somiglianze con l’uomo che sopra ho fugacemente descritto: sono i due discepoli di Emmaus.
Essi conoscono esattamente ciò che Gesù ha fatto e ciò che Gesù ha detto: la sua vita e il suo insegnamento. Essi lo narrano all’ignoto compagno di viaggio. Ma pur conoscendo quanto Gesù ha detto e ha fatto, sono uomini privi di speranza. Il loro ritorno a Emmaus significa in fondo il ritorno alla vita di prima, dopo aver vissuto l’illusione della possibilità di una esistenza diversa.
Che cosa è che cambia la loro condizione spirituale, cambiamento anche fisicamente significato dal ritorno celere a Gerusalemme? L’esperienza dell’incontro con la persona del Cristo Risorto. La persona cioè vivente del Signore, in carne ed ossa, e non solo la conoscenza di ciò che ha insegnato o fatto. Gli occhi si aprono solo quando spezza il pane (dell’Eucarestia), anche se l’incontro con Lui fa ricordare ciò che ha detto e ha fatto con un cuore ardente.
Di che cosa ha bisogno l’uomo occidentale? Non in primis di sentirsi narrare, insegnare, ciò che Gesù ha insegnato. Ha bisogno di incontrare Lui vivente nella sua Chiesa: il primato non è dell’etica, ma della Liturgia. Solo nell’esperienza di un incontro può aprirsi ancora l’orizzonte possibile, realmente possibile, di una esistenza diversa, non più dominata dal desiderio di ciò che è il mio bene ma dal dono.
Saremmo in un grave errore se continuassimo a pensare di poter reintegrare l’uomo nella sua umanità intera all’infuori della fede in Cristo; se pensassimo che intimando all’uomo continuamente il dovere che ha della solidarietà, del rispetto al creato, della pace e cose di questo genere noi potremmo tirarlo fuori dalla deriva nichilista ed individualista in cui si è chiuso.
3,2. Solo all’interno di una forte esperienza di incontro col Risorto, ed è il secondo momento della mia risposta che sto brevemente esponendo, è possibile, concretamente possibile ridare all’uomo la capacità di capire l’intima verità, bontà e bellezza della coniugalità umana e della connessione di essa con il dono della vita e l’educazione della persona.
Ciò che dico è ultimamente fondato su due tesi che per la teologia cattolica sono assolutamente certe. La prima è che l’immagine di Dio nell’uomo non può mai essere cancellata e che pertanto resta sempre in lui inestinguibile la nostalgia profonda di una originaria dignità perduta. La seconda è che ciascuno di noi è stato pensato e voluto in Cristo e che pertanto, alla fine, è Cristo la risposta ultima e definitiva a quella nostalgia di cui parlava.
Sulla base di queste due tesi cattoliche possiamo stare certi che l’uomo ridiventa capace di amare coniugalmente, nel preciso significato che questa espressione ha nella dottrina cattolica, e quindi capace di donare la vita e di educare la persona.
E’ dentro a questo contesto che acquista una enorme importanza la fedeltà assoluta alla dottrina della Chiesa perché questa fedeltà è semplicemente questione di rispetto o non rispetto della persona umana.
Conclusione
Mi rendo conto che la mia esposizione avrebbe dovuto essere ben più meditata e teoreticamente articolata. Vogliate accettarla come semplicemente un invito alla riflessione e al dibattito comune.
E’ soprattutto nell’ambito del matrimonio e della famiglia che viene oggi lanciata alla Chiesa di Cristo la sfida più provocante da parte della cultura occidentale: la sfida di poter fare senza Cristo, a meno che Cristo non si adatti ad essere una delle tante occasioni per parlare poi di valori morali.
Questa sfida rivolta alla Chiesa e ultimamente a Cristo stesso mi sembra che sia il volto che oggi ha assunto, come più di cento anni or sono aveva ben visto il grande Solov’ev, l’Anticristo. E in sostanza il vecchio monaco ortodosso solo assieme al Papa Pietro II ha dato l’unica vera risposta alla sfida: "il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi".
Fonte: www.caffarra.it
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Giovanni Paolo II
"Desidero esprimere la mia approvazione e il mio incoraggiamento a quanti, a qualunque titolo, nella Chiesa continuano a coltivare, approfondire e promuovere il culto al Cuore di Cristo, con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in modo da poterlo trasmettere alle generazioni future nello spirito che sempre lo ha animato"
Messaggio nel centenario della consacrazione del genere umano al Cuore divino di Gesù
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Parole di Gesù Divina Misericordia a Santa Faustina Kowalska
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Una volta mentre attraversavo il corridoio andando verso la cucina, sentii nell'anima queste parole: “ Recita continuamente la coroncina che ti ho insegnato. Chiunque la reciterà, otterrà tanta Misericordia nell'ora della morte. I sacerdoti la consiglieranno ai peccatori come ultima tavola di salvezza; anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa coroncina una volta sola, otterrà la grazia dalla Mia infinita Misericordia. Desidero che tutto il mondo conosca la Mia Misericordia. Desidero concedere grazie inimmaginabili alle anime, che hanno fiducia nella Mia Misericordia”.
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