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ALLA MENSA DELLA PAROLA - AUTORI VARI  

Data inserimento: 12/02/2005
IL MISTERO DEL PECCATO (I DOMENICA DI QUARESIMA)


Vangelo (Mt 4, 1-11)
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame.
Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: “Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane”.
Ma egli rispose: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: “Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede”.
Gesù gli rispose: “Sta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuo”.
Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse:
“Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai”.
Ma Gesù gli rispose: “Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto”.
Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servirono.

Prima domenica di Quaresima. Nelle domeniche scorse ave¬vamo per così dire contemplato i misteri gaudiosi del Signore: la nascita di Gesù a Betlemme, i pastori, la stella, i magi, la presentazione al tem¬pio, Gesù ritrovato fra i dottori, le nozze di Cana... Episodi caratteriz¬zati dalla festa, dal lieto fine.
Ora invece ci troviamo di fronte il deserto, il digiuno, il demonio, la tentazione, la prospettiva del male, del peccato. Eccoci piombati in pie¬no nei misteri dolorosi, che culmineranno con il Venerdì Santo.
Gesù ci precede (noi ci troviamo sulla sua scia) nel fronteggiare quella forza oscura operante nel mondo, a cui ognuno ha da opporsi, contro cui c'è sempre da lottare: il male. Un proverbio degli armeni, pieno di esperienza, dice: «Al tramonto il sole arrossisce, perché si vergogna di tutto ciò che ha dovuto vedere durante il giorno».
Perciò la Quaresima si presenta per i cristiani come un tempo speciale: di serietà, di consapevolezza, di impegno. E dobbiamo sperare anche: tempo di maturazione, e di arricchimento nello spirito.
L'evangelista Matteo oggi ci descrive Gesù che - dopo i trent'anni quieti trascorsi a Nazaret, dopo il battesimo ricevuto da Giovanni sul fiume Giordano, e prima di immergersi nella vita pubblica, nel bagno delle folle, nella sua missione - si raccoglie nella solitudine lontano dalla gente. Con quale stato d'animo? Ce lo spiega la pagina del Vangelo che abbia¬mo ascoltato, con quelle due parole chiave: deserto e tentazione.
Il deserto: luogo reale e insieme traboccante di simboli. Luogo incolto, arido. Nell'immaginario di Israele era abitato da bestie selvagge, da es¬seri ostili all'uomo. Era terra di maledizione, il luogo della prova, in cui il Dio dell'esodo aveva condotto il suo popolo infedele perché impa¬rasse - nella solitudine e nella privazione - la fedeltà al suo Dio.
Ha spiegato Antoine de Saint-Exupéry: «Il fascino del deserto è che na¬sconde un pozzo». E vero: per chi sa scavare, dalla duna scaturisce -anche per il mondo dello spirito - la sorgente dell'oasi.
Storicamente il deserto dell'esodo era quello del Sinai. Poi Giovanni Bat¬tista per un'ascesi volontaria si ritirò anche lui nel deserto, ma era quel¬lo di Giuda, appena di là dal Giordano. E in quello stesso deserto ecco Gesù.
Per i suoi quaranta giorni. Quaranta nell'antichità ebraica era un nu¬mero convenzionale, da prendersi con elasticità, usato per designare il tempo necessario al maturare di qualche evento importante. Col nume¬ro quaranta erano stati indicati gli anni trascorsi da Israele errante nel deserto, prima di raggiungere la terra promessa. E nel deserto della sua prova, anche Gesù dice Matteo - si raccolse per quaranta giorni nel digiuno.
Perché il digiuno? Nella tradizione religiosa ebraica era un rituale che orientava lo spirito a un atteggiamento di piena disponibilità verso Dio, alla richiesta di purificazione e perdono. Dal controllo degli appetiti dei sensi nasceva (e può nascere anche oggi) una capacità nuova di ascolto nei confronti dello Spirito, e di scelte coraggiose per la vita.
Dunque, anche per Gesù, i giorni di digiuno e di raccoglimento nel de¬serto. C'è un'espressione che incontra il gusto dei gruppi giovanili cri¬stiani: si dice fare deserto. Consiste nel ritirarsi come gruppo in un luo¬go tranquillo, mettersi insieme in ascolto della parola di Dio, ma poi passare qualche ora ciascuno con se stesso nel silenzio, con i propri pro¬blemi, e con lo Spirito Santo che suggerisce. Fare deserto può diventare un momento forte di grazia, può essere estremamente formativo. E l'e¬sempio primo è venuto a noi cristiani proprio da lui, da Gesù che si è ritirato nel deserto.
Che cosa fece il Signore in quei quaranta giorni?
• Vi era giunto condotto dallo Spirito. Di sicuro volle raccogliersi in preghiera, in dialogo con il Padre. Nei Vangeli troviamo che diverse volte in seguito Gesù, nei momenti complicati o importanti della vita pubbli¬ca, si recava in luoghi solitari per intrattenersi nel silenzio con il Padre. e Tenendo presente il comportamento umano, possiamo aggiungere: an¬che il Signore volle fare il punto: ravvivare la sua consapevolezza di Verbo incarnato sceso tra gli uomini con una missione. Volle scegliere gli at¬teggiamenti di fondo. Fissare le coordinate della sua azione. Sono cose a misura di uomo, che maturano - anche per noi - solo nel silenzio del deserto.
Ed ecco, al termine dei quaranta giorni, l'episodio sconcertante del ten¬tatore e della tentazione.
Il tentatore. Diceva di lui santa Teresa d'Avila, con mestizia: «Quel po¬vero disgraziato che non può amare».
E la tentazione. Gli studiosi trovano difficile individuare il nucleo stori¬co del racconto. Che cos'è avvenuto veramente?
• Forse tutto com'è esposto dall'evangelista.
* Ma alcuni studiosi della Bibbia propendono per una vicenda che do¬vette dipanarsi non nella materialità di luoghi e di cose, bensì come in una visione, nella coscienza di Gesù.
• Altri studiosi vanno oltre, e individuano un modo di esprimersi tutto speciale che sarebbe stato usato dall'autore ispirato [un genere letterario detto visione interpretativa]: l'autore dovette ricorrere a questo tipo di racconto per esprimere con linguaggio umano, pieno di simboli, l'i¬nesprimibile. In concreto, cercò di spiegare l'atteggiamento che Gesù uomo volle di fatto assumere di fronte all'esistenza, al mondo creato, e al Padre.
A noi ora rimane il compito di cogliere il senso di quel dialogo denso, in cui sono state espresse le tre tentazioni.
1. Per cominciare: a Gesù debilitato dal digiuno, il tentatore suggerisce di trasformare i sassi del deserto in pane. E Gesù - rispondendo anche alle nostre fami, molteplici e sovente disordinate - subito prospetta l'e¬satta gerarchia dei valori che l'uomo è chiamato a adottare. Gli ricorda e ci ricorda che l'autentico pane di cui occorre avere fame al di sopra di tutto, è ogni Parola che esce dalla bocca di Dio.
2. Segue l'invito a buttarsi giù dal pinnacolo del tempio, per mettere alla prova Dio e il suo amore. Come quando noi scuotiamo la testa e diciamo: «Ma se Dio esiste, perché permette questo e quest'altro?». Gesù ricorda al tentatore il non tentare il Signore Dio tuo. Noi vorremmo coin¬volgere Dio nei nostri utilitarismi, e servircene; invece l'unico nostro at¬teggiamento sensato è l'abbandono filiale, fiducioso e senza confini. 3. Infine il tentatore offre a Gesù, in cambio dell'adorazione, tutti i re¬gni della terra con la loro gloria. È un baratto che succede sovente, tutte le volte che Dio viene sostituito dagli idoli. E può capitare anche a noi. Allora Gesù di nuovo rimise le cose nell'ordine giusto, richiamando il primato assoluto del suo Padre celeste.
Così nel racconto delle tentazioni Gesù, Verbo fatto Uomo, sceglie il Padre come massimo valore, come vertice dell'esistenza. E ce lo addita.
Questa Quaresima per noi può diventare un tempo di deserto, di rifles¬sione sotto la guida dello Spirito, perché proviamo a rimettere ordine nella gerarchia dei nostri valori. Un tempo per ripro-gettare.
* Tocca proprio a noi. Giovannino Guareschi ha inventato questo dia¬logo tra don Camillo e il Crocefisso. Don Camillo: «Gesù, al mondo ci sono troppe cose che non funzionano». E il Signore: «Non mi pare. Al mondo ci sono soltanto gli uomini che non funzionano».
* Tempo di digiuno? Purché sia finalizzato allo spirito. Oggi si digiuna per dimagrire: dimagrire è l'unico ideale per il quale gli uomini e le donne trovano ancora la forza di fare dei sacrifici. Chiaro che così non servireb¬be. Serve solo se è coinvolgimento del corpo alla maturazione dello spirito. e Misuriamoci con la presenza del male nel mondo, il rischio del pecca¬to, questa dimensione dolorosa ma reale e dilagante dell'esistenza.
• Diamo agli interrogativi della vita le risposte di Gesù:
- non di solo pane vive l'uomo;
- non tentare il Signore Dio tuo;
- e contro i nostri idoli: adora il Signore Dio tuo, e a lui solo rendi culto.
Ricordiamo il nostro compito: rivedere quello che non funziona, rifare i nostri progetti. Nei confronti di Dio nostro Padre, nei confronti dei nostri cari, degli amici, del quartiere e della società in cui viviamo.





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"Desidero esprimere la mia approvazione e il mio incoraggiamento a quanti, a qualunque titolo, nella Chiesa continuano a coltivare, approfondire e promuovere il culto al Cuore di Cristo, con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in modo da poterlo trasmettere alle generazioni future nello spirito che sempre lo ha animato"
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Dopo un momento rimasi soltanto con Gesù e dissi: « Gesù, prendimi ormai, poiché la tua volontà si è già compiuta ». E Gesù mi rispose: “ La Mia volontà non si è compiuta ancora tutta in te, soffrirai ancora molto, ma Io sono con te, non temere”.
 


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