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ALLA MENSA DELLA PAROLA - AUTORI VARI  

Data inserimento: 26/11/2004
I DOMENICA DI AVVENTO A


Vangelo (Mt 24, 37-44)
Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo.
Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo.
Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato.
Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.
Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà.

Comincia oggi il nuovo «Anno della Chiesa». Avvento significa: venuta del Signore. Ma il Signore non è già venuto? Allora che senso ha attendere uno che è già venuto? E’ domanda seria, che merita una risposta attenta. Anzi, una doppia risposta. Primo, nell'Avvento noi ricordiamo il Signore che è già venuto. Ricordare significa «rimettere nel cuore», ed è questo in genere il senso delle nostre commemorazioni, anche civili. Nel tempo dell'Avvento noi rimettiamo in cuore il ricordo del Signore nato a Betlemme per noi. Ma - secondo - l'Avvento ci richiama anche una sua venuta futura. Gesù ci ha detto che verrà, alla fine dei tempi. Radunerà i suoi discepoli nel suo regno, regno di viventi perché lui ha sconfitto la morte, e consegnerà questo suo Regno al Padre, per sempre. Così l'Avvento ha per noi cristiani un doppio significato. E l'occasione: di commemorare la prima venuta di Gesù, la sua nascita a Betlemme, e inoltre di orientarci a preparare la sua venuta alla fine dei tempi. Comprendiamo in tal modo che la nostra storia personale si colloca tra queste due venute di Gesù Cristo. E riflettiamo sul significato del tempo presente, quello che viviamo. Ci domandiamo cioè se nella nostra vita c'è posto per il Signore, se siamo orientati verso di lui. Perché non qualsiasi attesa è valida, ci potremmo sbagliare. E molti sbagliano. Proviamo allora a passare in rassegna le attese sbagliate degli nomini. C'è chi vive come se Gesù non fosse mai venuto: procede a testa bassa, tutto preso dalle preoccupazioni materiali, dall'egoismo, dal tornaconto. Altri hanno attese non proprio così basse ed egoistiche, hanno preoccupazioni già a livello del sociale e del politico. Vedono tante cose nella società che vanno storte, e vorrebbero raddrizzarle. Ma i loro orizzonti sono ancora limitati, spaziano solo dai tetti in giù. Altre persone sono vigilanti e con inquietudini spirituali, si interrogano sul senso della vita, ma non trovano la risposta. Per fortuna, oltre a queste attese senza sbocchi o inconcludenti, c'è anche l'attesa che ci propone il Vangelo: della venuta di Gesù. Egli ci ha sollecitati alla vigilanza: «Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà». Alla fine del mondo, certo. Ma a pensarci bene anche prima, già al nostro incontro con Dio nella morte. Gesù ci sollecita ad avere la stessa attenzione come per la nostra casa e le nostre cose: «Se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe, e non si lascerebbe scassinare la casa». «Perciò conclude Gesù anche voi siate pronti». Il cristiano è dunque un professionista dell'attesa. Perciò in questo tempo, come si comporterà? Starà col naso in su e con le mani in mano? Oh, non proprio. Ricordiamo le sollecitazioni della Parola di Dio. Diceva Isaia: «Un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo... Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci...».Ricordiamo Gesù: «Vegliate... Siate pronti...». Atteggiamenti che ci sono riproposti da 2000 anni. Ricordiamo infine san Paolo: «Fratelli, è ormai tempo di svegliarvi... Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce... Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno...». É uno stile di vita pienamente attiva, che si propone di introdurre nel mondo la carità cristiana e la pace del Signore. Introducendo un pizzico di fantasia, che fa parte della novità di Dio. Per esempio Raoul Follerean, l'apostolo dei lebbrosi, alcuni anni fa si era rivolto ai capi delle grandi potenze sollecitandoli: «Rinunciate a un aereo da bombardamento per parte, e con quei soldi ce ne sarà a sufficienza per curare e guarire tutti i lebbrosi del mondo». Ha atteso dai grandi capi una risposta, ed è morto prima di riceverla. Ma il suo gesto ha fatto presa, e ha cambiato tante idee nel mondo. Oggi si parla molto di pace, e intanto abbiamo le polveriere tipo Bosnia, Kosovo, Palestina, Congo, Irlanda del Nord... Quanto resta da inventare e da fare! E noi, nel nostro piccolo? La pace, non è solo compito per i grandi di questo mondo. Anche noi abbiamo le nostre piccole guerre fredde casalinghe, le nostre armi da trasformare in vomeri, i muri da abbattere, gli egoismi. La nostra attesa del Signore va realizzata con la vigilanza sulle faccende quotidiane, nella famiglia, nella scuola, sul lavoro, nel quartiere, in parrocchia.Ecco dunque un buon programma per l'Avvento, e per il nuovo anno che cominciamo oggi con la Chiesa.



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