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ALLA MENSA DELLA PAROLA - AUTORI VARI
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Data inserimento: 10/04/2008 IV DOMENICA DI PASQUA - A - 13 APRILE 2008: IL BUON PASTORE
LETTURE: At 2,14a.36-41; Sal 22; 1 Pt 2,20b-25; Gv 10,1-10
1. "Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore." La celebrazione pasquale che, come sapete, dura cinquanta giorni, si propone di introdurci in un rapporto sempre più profondo col Signore risorto, vivente con noi. La parola evangelica oggi rivela precisamente la "verità" di questo rapporto che il Signore istituisce colla sua Chiesa, e con ciascun fedele in essa. E lo fa attraverso una metafora, quella del pastore. Esempio non più così eloquente per noi oggi, come lo era al tempo di Gesù, ma attraverso una meditazione attenta e pacata della pagina evangelica possiamo coglierne ugualmente il significato ultimo. Il rapporto di ciascuno di noi col Signore risorto è indicato in primo luogo come un rapporto di "appartenenza": al mercenario le pecore non appartengono, al pastore sì. L’esperienza dell’appartenenza è profonda: essa è per la persona umana ciò che sono le radici per un albero. Una volta, visitando una casa di riposo, una persona anziana mi disse: "che cosa ci faccio al mondo; ormai non sono più di nessuno". Il non essere più di nessuno; l’esperienza e la certezza che è del tutto indifferente a tutti che tu esista o non esista; il sentirsi sradicati completamente da ogni rapporto vero con altre persone; in una parola, il non vivere più un’esperienza di appartenenza ci fa morire. Il vangelo oggi inizia dicendoci che il Signore è il nostro pastore e che noi gli apparteniamo. Siamo quindi "suoi". Ma in che cosa consiste quest’appartenenza? In primo luogo in un rapporto di reciproca conoscenza: "conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me". Questa reciproca conoscenza è un avvenimento assai grande se Gesù lo riporta alla reciproca conoscenza che esiste fra Lui e il Padre. In che cosa consiste? Da parte nostra essa consiste nell’accoglienza consenziente della Parola di Gesù ["ascolteranno la mia voce"], perseverando in essa e lasciandoci come penetrare da essa. Alla fine, "conoscere Gesù buon pastore" significa aderire a Lui ed essere da Lui guidati nella nostra esistenza, in una intima familiarità. La conoscenza da parte nostra di Gesù implica quindi e presuppone la conoscenza da parte di Gesù della nostra persona. Il conoscere e l’essere conosciuti si realizzano come, appunto, una reciproca appartenenza ed un essere disponibili l’uno per l’altro. Questa relazione fra Gesù e i suoi fedeli è posta in essere dal dono che Egli fa della sua vita: "e offro la mia vita per le pecore". Poiché noi siamo da Lui conosciuti ed a lui noi apparteniamo, egli non può abbandonarci e permettere che altre forze ci rapiscano e ci disperdano. A questo scopo Egli ha donato la sua vita. Si è trattato di una scelta assolutamente libera. Potendo Egli disporre completamente della sua vita, ha deciso di donarla a noi fino alla morte: "nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il poter di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo". Questa convinzione secondo la quale ciascuno di noi appartiene al Signore a causa del fatto che Egli è morto e risorto per noi, la troviamo in tutta la catechesi apostolica. "Sia che viviamo" scrive S. Paolo "sia che moriamo siamo … del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi". E S. Pietro: "Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra condotta … ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia". Vedete, dunque, carissimi fratelli e sorelle, quale è la nostra reale condizione umana. Noi non siamo in balia di forze oscure, di un destino inesorabile: appartiamo al Signore e siamo conosciuti da Lui che per ciascuno di noi ha donato la sua vita ed è risorto. Se noi ascoltiamo la sua voce, se noi crediamo in Lui, entriamo nel possesso della vita stessa del Signore. La fede, infatti, non è affatto una fra le tante possibili concezioni del mondo. Con essa noi compiamo un passaggio decisivo: il passaggio dalla morte alla vita. "In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non incorre nella condanna, ma è passato dalla morte alla vita", ha detto Gesù. Con la fede, la persona umana abbandona la regione di morte della sua vita ed entra nella terra dei viventi. 2. Carissimi genitori, voi avete vissuto nella vostra vita un momento indicibilmente drammatico. Drammatico, perché in situazioni simili l’enigma del vivere diventa insolubile per l’uomo e, quanto oggi il Vangelo ci ha detto viene insidiato del dubbio. Dal dubbio che la persona umana sia come esposta ai colpi di un destino indecifrabile, al gioco di forze imprevedibili. Il fatto che voi siate qui a celebrare l’Eucarestia, ad incontrare Cristo, manifesta la vostra vittoria intima sulla disperazione attraverso la certezza che le parole di Cristo sono vere: "io sono il buon pastore; il buon pastore offre la sua vita per le pecore". La morte è raffigurata nelle catacombe cristiane dalla figura del pastore che porta sulle sue spalle una pecora. Ecco che cosa è il morire cristiano: essere presi sulle spalle da Cristo e fare su di Lui la traversata all’altra riva, la riva dell’eternità. I vostri figli sono con Cristo; noi ora siamo con Cristo, dunque siamo nella comunione con loro. Allora diciamo col cuore quanto abbiamo detto all’inizio: "… l’umile gregge dei tuoi fedeli giunga con sicurezza accanto a Te, dove lo ha preceduto il Cristo suo pastore". Amen.
Fonte: www.caffarra.it
II MEDITAZIONE
Senza ombra di dubbio, il Pastore per eccellenza del cristiano è Gesù. Sì, per prima cosa vorrei mettere in evidenza questo aspetto fondamentale nella vita del credente: Gesù è Pastore ovunque, in ogni ambito di vita. Nella ricerca scientifica, nel campo medico, nel sociale, sul posto di lavoro, negli scranni di Montecitorio, nelle aule di tribunale, nei condomini, nell’ambito familiare, nella sfera sessuale e perché no, lasciatemi esagerare , anche in quello parrocchiale! Cioè, il cristiano nelle sue scelte di vita, dalla più banale alla più fondamentale, segue Gesù. A riguardo mi fanno sbellicare dal ridere (ecco, non posso usare altre espressioni e ne sono sinceramente dispiaciuto) quei cristiani che di fronte a particolari problematiche, ad esempio solo per citarne una l’aborto, si accomodano e iniziano a contare i giorni, le settimane e i mesi… per commettere un omicidio. Ma siamo seri. Io non ci penso neppure lontanamente che un non credente debba preoccuparsi del Vangelo… Ma di grazia, un cristiano come può macchiarsi di questo male? Male commesso pienamente anche solo stando in silenzio. Chi è cristiano davanti agli uomini non può negare la Verità! “In quel tempo, Gesù disse; «In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore.” Scusate, è il Vangelo che ce lo dice con estrema chiarezza: O segui Gesù, il Pastore; o segui il ladro e il brigante, il demonio. Lo dico con serenità ma anche con profondo dispiacere: Non si possono indossare camaleontici perversi panni di pii credenti in ambiti parrocchiali o quando ci servono vari consensi e poi accomodarci in altri consessi o ancora quando tocca decidere sui fatti della nostra vita e scegliere per la morte. Ogni cristiano nel mondo, deve sentirsi chiamato in causa dal Pastore Supremo ad essere pastore. Forse non ci abbiamo mai pensato, ma le nostre azioni, il nostro vissuto quotidiano, viene interpretato dal mondo che ci circonda come segno della Presenza di Dio o anche dell’assenza! E’ meraviglioso e nello stesso tempo tremendamente serio! “Voi siete il sale della terra; Ma se il sale perdesse il sapore…? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini” C’è dell’altro… Il Pastore e le pecore smarrite. Sì, ci sono gli uomini che vivono nella conoscenza e nella Verità, che dai Sacramenti e dall’Incontro con la Parola traggono la loro vita, che “frequentano” positivamente gli ambiti parrocchiali e ci sono quelli che si perdono. Cristo è Pastore anche di questi nostri fratelli. La Chiesa tutta è inviata dal Pastore anche da questi fratelli. Cioè il Papa, i Vescovi, i Sacerdoti, i Diaconi, tutti i Cristiani sono in missione perenne verso il mondo degli uomini persi. Mi direte che è scomodo, che è una perdita di tempo, che uno su mille ce la fa, che a volte ci possono fare male, che certi luoghi non sono per noi… E’ verissimo ma: Questi nostri fratelli hanno bisogno di conoscere la Voce di Dio: “…cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce.” Questi uomini se non “conosceranno” la Voce di Dio non potranno mai seguirLo. E vi posso assicurare che, invece, la voce del mondo ha molti profeti, perennemente al lavoro, solerti, pieni di zelo e … di morte. L’annuncio di Pasqua è atteso dai lontani, da coloro che vivono nelle tenebre e aspettano la Luce. Che Chiesa siamo se non ci mettiamo alla ricerca della pecorella smarrita? Certamente non siamo di Cristo. Sapete Lui “ci precede in Galilea”, sempre. In ogni posto che frequentiamo per amore di Gesù vi posso assicurare che Lui è accanto, che nel cuore si sperimenta la dolcezza, la pace anche in mezzo alle “taccarate”. Che se Gesù è con te tu detesti e respingi il male ma ami il peccatore. Credimi, c’è un mondo di fratelli disperati che attende di incontrare Cristo in un cristiano. Non si tratta di paroloni da dire o di saperci fare. Si tratta di Amore. Guai a noi se non annunziassimo il Vangelo al mondo. In questa sensibilità può aiutarci molto, ma non è comunque componente indispensabile, ricordare il giorno in cui Qualcuno si è messo in cammino per noi, in mezzo ai pericoli per raggiungerci e portarci Gesù. Vorrei dire, ricordando il mio giorno, che: “Come sono belli i piedi di coloro che portano un lieto Annuncio”. Riflettendo sulle tante situazioni di vita, personali e non, mi rendo conto che a chi molto è stato perdonato … molto ama. Riscoprire nelle nostre parrocchie l’urgente bisogno di una “pastorale per i lontani”che, nelle nostre città non sono più così lontani fisicamente; riscoprire la necessità di evangelizzare i nostri quotidiani con la testimonianza concreta, come genitori, come cittadini, come quello che sei tutti i giorni.
Fonte: www.novena.it
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Giovanni Paolo II
"Desidero esprimere la mia approvazione e il mio incoraggiamento a quanti, a qualunque titolo, nella Chiesa continuano a coltivare, approfondire e promuovere il culto al Cuore di Cristo, con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in modo da poterlo trasmettere alle generazioni future nello spirito che sempre lo ha animato"
Messaggio nel centenario della consacrazione del genere umano al Cuore divino di Gesù
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Parole di Gesù Divina Misericordia a Santa Faustina Kowalska
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Io sono nel tuo cuore quello Stesso che hai tenuto in braccio.
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